“Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse sapore, con che cosa lo si potrà rendere salato?” disse Gesù in un passo del discorso della montagna.
È noto che fin dalla preistoria la costa dell’Alto Adriatico fosse caratterizzata dalla presenza di saline, grazie alla loro conformazione, infatti, si prestavano naturalmente ad accogliere, dopo le alte maree, l’acqua del mare e a esporla in sottili strati ai raggi del sole.
Le saline italiane hanno un’origine antica, vicina all’epoca d’insediamento degli umbri, quando le popolazioni di pastori e di agricoltori nomadi, durante la buona stagione scendevano verso il mare per rifornirsi di sale che fioriva spontaneo dalla costa. Accanto alla tesi del popolo umbro, ci sarebbe anche quella della nave romana utilizzata per il trasporto di persone e merci. Si tramanda, infatti, che i primi a raccogliere il nostro sale e forse anche a costruire saline, furono proprio i romani che lo trasformarono ben presto in un fiorente commercio.
Forse per un certo tempo la produzione e il commercio del sale dell’Adriatico fu monopolio degli Etruschi e in seguito dei Celti che occuparono le zone adiacenti al Po. Il sale diventò il prodotto maggiormente esportato e ben presto si comprese che costituiva una potenziale ricchezza a chi ne poteva disporre. Le prime notizie sulle saline risalgono al 965 quando lo sfruttamento del sale era nettamente separato dalla proprietà della salina. I salinari erano occupati nel lavoro della loro salina e nella raccolta del sale, mentre i proprietari dei terreni erano grandi personaggi vicini all’imperatore. Anche la Chiesa non si lasciò scappare questo importante commercio, infatti, diverse saline assicuravano l’approvvigionamento del sale e la copertura dei bisogni della famiglia monastica che come le famiglie più ricche eseguiva la salatura dei maiali e del pesce per le proprie tavole e per quella dei loro ospiti. Il sale era usato largamente anche ai tempi per l’alimentazione umana e animale, per la conservazione degli alimenti e per particolari attività, come il trattamento del cuoio e del pellame.
Il commercio del sale diventò ben presto un’attività fortemente sfruttata, sia per i guadagni, sia per la facilità di reperimento delle materie prime. Un commercio che diventò sempre più capillare e che diede origine alla rete definita “Via del Sale”, che indicava tutte le antiche strade, le tante mulattiere, che in passato scendevano, attraverso l’Appennino, dalla pianura padana e dalle zone collinari dell’Italia settentrionale fino al litorale ligure. Queste antiche vie di comunicazione testimoniano l’importanza dell’Appennino nella vita delle antiche civiltà: attraversato dapprima dai Liguri, divenne raccordo importantissimo con il porto di Genova. La città ligure, infatti, superata Venezia nello smercio di prodotti provenienti dall’Oriente, rappresentò il centro commerciale più importante durante tutto il Medioevo. Il nome di queste importanti vie commerciali è legato al sale, il quale non era facilmente reperibile nelle regioni settentrionali ed era l’unico strumento a disposizione per conservare e mantenere in buono stato molti cibi. Per questo a partire dal Medioevo fino al XV secolo la rete di percorsi e di sentieri dalla pianura al mare divenne tanto fitta e importante. Non esisteva una sola via del sale, perché quasi tutti i popoli delle diverse regioni percorrevano i sentieri presenti sul loro territorio per raggiungere il mare e recuperare i tanti prodotti utili alla sopravvivenza vendendo i propri elementi di scambio, rappresentati soprattutto da lana e da armi. Dal Medioevo sino al XIV secolo il territorio compreso tra gli appennini fu coinvolto nei potentati feudatari, che intensificarono gli scambi commerciali, garantendo il flusso delle merci e imposero un sistema di tasse per il passaggio nel loro territorio. Proprio con l’apertura ufficiale di questa via verso il mare, moltissimi centri abitati divennero paesi importanti, con nuove costruzioni e cinte murate a protezione della città.